17
I palmi delle mani erano ancora poggiati in un nulla bianco, la superficie era fredda, come se stesse toccando un blocco di ghiaccio, ma la sensazione gli parve più che piacevole. L’ambiente era totalmente privo di senso, il non sapere neanche dove fosse il sopra o il sotto lo scombussolava; lo spazio all’interno della ventuno era infinito, e guardando verso il basso gli parve di essere sospeso nel vuoto. Il tubo di ferro, scalfito e macchiato a chiazze di sangue era poggiato anch’esso a terra, e gli apparve come l’unico appiglio di realtà in quel luogo luminescente. Stirò la mano, ma i muscoli del braccio cedettero per il dolore poco prima provato, costringendolo a ritirarla e a massaggiarsi la spalla stringendo i denti. Prese grandi quantità di aria respirando lentamente, riappoggiò i palmi a terra cercando di far pressione sulle braccia per rimettersi in piedi, nonostante lo sforzo gli sembro che stesse riuscendo nell’impresa. Gli venne quasi da ridere al pensiero che una cosa del genere, che fino a pochi giorni prima faceva in maniera del tutto naturale, gli costasse un così tanto sforzo.
Improvvisamente una mano protesa verso di lui, lo fece ripiombare a terra dallo spavento, fortunatamente i riflessi non erano attutiti come le sue capacità motorie, e protendendo le mani verso il basso evitò di picchiare la testa. Come aveva fatto a non sentire una presenza a pochi centimetri da lui? E come era possibile che, di chiunque si trattasse, si fosse avvicinata così tanto senza fare il minimo rumore?
Alzò lo sguardo e il suo cuore parve fermarsi improvvisamente, sgranò gli occhi che, con il bianco dell’ambiente, mettevano in risalto il colore azzurro ghiaccio.
“Non è possibile” pensò osservando la sagoma che gli si poneva di fronte “Cosa ci fa qui?”
«Ciao Logan»
La sua voce era inconfondibile, l’avrebbe riconosciuta tra mille voci in una sala da ricevimenti, ma non si mosse, rimase immobile ad osservare il suo volto. Era proprio come la sua mente riusciva a ricordare, ogni singola parte; stessa cosa per il profumo che emanava, come poteva dimenticarsene: Absolu. Impossibile, lo sapeva, non poteva trovarsi a Silent Hill, eppure la persona davanti a sé con la mano protesa non era un’illusione.
«Non avere paura» continuò a parlare mostrando poi un sorriso di una sincerità così vera da risultare ingannevole «Sono proprio io.»
«Tu … » cominciò il ragazzo per poi bloccarsi cercando di indietreggiare e puntandogli l’indice contro «Tu non sei qui. Tu non puoi … non è possibile.»
«Dici? Eppure riesco a comunicare con te proprio come se fossi qui in questo istante, dopotutto potresti benissimo essere tu quello a non essere realmente qui.»
Il ragazzo abbassò lo sguardo lentamente, poteva avere ragione. Tutto quello che aveva passato e stava continuando a vivere non era altro che il frutto della sua immaginazione, compresi gli incubi che ogni notte lo tormentavano; tutto sarebbe stata una finzione: Cindy, Brad, l’intera città … ogni parola o azione che aveva compiuto fino ad allora. Tra il vivere in un inferno, e l’averlo immaginato da capo a fondo, Logan si convinse che la seconda scelta fosse la più sensata e che le parole della persona che gli stava di fronte fossero le più vere mai sentite in vita sua. A breve si sarebbe reso conto che la realtà intorno a lui si sarebbe dissolta come quando ci si sta per destare da un sogno, si ha la consapevolezza soltanto in quel momento che tutto è frutto della mente, e che il risveglio avverrà ormai in tempi brevi.
La sensazione in Logan, però, svanì all’istante, proprio quando udì una risata trattenuta.
«Oddio, non credevo sarebbe stato così semplice prenderti in giro» proruppe quando il ragazzo alzò il volto «Dovevi proprio vedere l’espressione che hai assunto, fenomenale!»
Il ragazzo cercò di alzarsi senza bisogno di aiuto, impiegò più di quaranta secondi prima che potesse reggersi su entrambe le gambe.
«Non è divertente Me … » si interruppe a causa di un improvviso capogiro che lo fece barcollare per un attimo, cercò di appoggiarsi alla porta che aveva alle sue spalle, la stessa che all’esterno di quella stanza l’aveva scagliato contro un muro, ma constatò con angoscia che alle sue spalle non vi era altro che il nulla, proprio come in ogni parte di quell’ambiente « … Dove siamo?» chiese, sicuro che l’interlocutore sapesse la risposta.
«Dentro la camera numero ventuno di un motel che si trova a Silent Hill»
«No, questa … » fece una pausa aprendo le braccia e cominciando a girare attorno a sé «Questa non è una camera, qui siamo nel bel mezzo del niente, e sono certo che tu sai come uscire di qui. Sbaglio Megan? O qualunque cosa tu sia.»
La ragazza cominciò a camminare avanti e indietro facendo battere i tacchi in un pavimento inesistente.
«Qualunque cosa io sia? Cosa pensi che io sia? Qualche mutaforma, come nei film di fantascienza che guardavamo insieme?»
«Ho visto abbastanza cose strane in questa città da poterlo credere, una di quelle sei proprio tu, che ti trovi qui, in questo luogo assurdo, e sei così tranquilla come se per te fosse una cosa normalissima!» disse il ragazzo tutto d’un fiato puntando l’indice verso la ragazza.
«È difficile anche per me, ma cosa dovrei fare? Farmi prendere dallo sconforto? Disperarmi e angosciarmi in attesa che tutto finisca? Non finisce, e non può finire!» rispose Megan osservando il nulla intorno a sé.
Il cuore di Logan si fermò di colpo, sarebbe stato costretto a restare lì per sempre? Aveva rischiato per ogni secondo la vita in quella città per arrivare a passare il resto dei suoi giorni in un luogo infinito e accecante? Cosa ne sarebbe stato di Brad? E Cindy? No, avrebbe trovato un modo per uscire di lì, uno qualunque, anche se rischioso.
Puntò lo sguardo verso la ragazza, e piegandosi per afferrare il tubo di ferro non distolse gli occhi da ella.
«Cosa hai intenzione di fare?» chiese Megan guardandolo avanzare per poi superarla.
«Uscire da qui.» tagliò corto il ragazzo.
«Non è possibile, te l’ho già detto, non puoi. Non ho potuto io, come pensi di uscirne tu?» domandò cominciando a camminare dietro di lui «È una cosa che non può svanire, neanche con il passare del tempo, io lo sto facendo giorno dopo giorno.»
Effettivamente era da parecchi mesi che non vedeva Megan, a casa non l’aveva più trovata, e entrambi i numeri di cellulare davano il medesimo risultato: al momento non disponibile. Si trovava a Silent Hill da più tempo di lui, ma perché? Perché era lì anche lei? Si fermò di scatto voltandosi verso di lei.
«Da quanto tempo sei qui Meg?»
La ragazza abbassò lo sguardo verso gli stivali che indossava, sorridendo forzatamente; l’espressione del viso, però, mostrava chiari segni di tristezza.
«Non lo sai?»
«Come potrei? Non ti ho più cercata da parecchio tempo. E inoltre non ti sei più fatta viva. E poi, perché proprio qui, in questo posto?» chiese posandole due dita sotto il mento facendole alzare il volto per poi guardarla negli occhi verdi come due smeraldi.
«Perché è questo l’unico posto in cui posso stare.»
«Non lo è, ti porterò via di qui.»
La donna sorrise nuovamente, e si posò una ciocca di capelli biondo cenere dietro l’orecchio destro.
«Ne sei così convinto, vuoi uscire di qui a tutti i costi, eppure ti assicuro che una volta presa l’abitudine non ci farai più caso.»
«Non hai neanche idea di quello che stai dicendo, ho un compito da portare a termine. Ricordi di mia sorella Cindy? Ho la certezza che sia viva Megan, ed è qui, a Silent Hill. Devo trovarla a tutti i costi; e non solo, un ragazzino con cui ho passato buona parte del tempo qui, rischia di morire e se non esco da questo posto rischio di perderlo.» spiegò alla ragazza per poi voltarsi e riprendere a camminare cercando qualcosa di differente oltre al bianco interminabile, seguito da Megan e dal suo rumore di tacchi.
Camminare in un pavimento invisibile, senza orientamento e senza una meta ben precisa lo faceva sentire perso, come se avesse abbandonato qualcosa di importante che non avrebbe più ritrovato, ma non lo diede a vedere, per non scoraggiare ancora di più la ragazza che gli stava dietro. Era già parecchio turbata da quel luogo, non sapeva come aveva fatto ad arrivare lì, né il perché, ne avrebbero parlato una volta usciti da quella stanza.
Passarono venti minuti senza che nessuno dei due proferisse parola, ma gli occhi di Logan non scorsero nulla di differente rispetto a ciò che aveva visto da quando era entrato lì dentro, gli occhi stavano cominciando a stancarsi di quella luce accecante, aveva voglia di chiuderli e sedersi da qualche parte a riposare, dato che la ferita alla spalla ricominciò a pulsargli più forte delle altre volte. Ma non poteva, il riposo sarebbe venuto dopo, quando avrebbe ritrovato Brad e l’avrebbe portato lontano da quel motel. E poi c’era Megan, avrebbe portato via di lì anche lei. Sorrise ripensando ai tempi trascorsi con lei, quei tre anni passati insieme.
«Ricordi la prima volta che ci siamo conosciuti?» chiese il ragazzo non voltandosi, per sciogliere il ghiaccio e distrarsi dai brutti pensieri che gli ronzavano in testa.
«E chi se lo dimentica» rispose Megan per poi ridacchiare «Al Griffith Park, a fare jogging entrambi, mi sei venuto addosso improvvisamente e siamo caduti come due sacchi di patate.»
«Ehi aspetta, sei stata tu a venirmi incontro, io ero per la mia strada e tu sei uscita all’improvviso dal nulla.»
«Sempre la stessa storia, c’era solamente un vialetto, da dove sarei potuta sbucare fuori? Da dietro le siepi? Eri tu che parlavi al telefono fino a prova contraria.»
«Ciò non toglie il fatto che sei stata tu a venirmi incontro.»
Sentì una mano sulla spalla destra dargli una leggera spinta provocando un lieve sorriso.
«Ti ho chiesto scusa, e tu da gentil orco quale sei mi hai subito detto dove avevo la testa» continuò Megan.
«E continuo a chiedermelo tutt’ora.»
«Ah ah ah, che spiritoso che sei. Intanto subito dopo mi hai chiesto se mi andava di prendere un caffè insieme per farmi perdonare.»
«Si, lo so, è stato l’errore più grande della mia vita» disse per poi ridere leggermente, ottenendo come reazione un’altra spinta alla spalla.
«Tu e la sgarbatezza andate proprio a braccetto eh? E poi? Cosa è successo dopo?»
«Fammi pensare, ti ho invitato ad andare al Luna Park sulla baia,un paio di giorni dopo che ci siamo conosciuti» rispose lui continuando a camminare.
«Esatto, ed è stato proprio quando abbiamo fatto le montagne russe che ci siamo dati il primo bacio.»
«Che cosa romantica eh?»
«Unica nel suo genere. Che coppia stramba eravamo, al cinema a guardare i film horror e noi due gli unici a ridere mentre gli altri erano terrorizzati.»
«Per l’esattezza, se posso correggerti, l’unico a ridere eri tu, e per colpa tua ci hanno buttati fuori.»
«Bhe direi, quel genere di film era proprio patetico. Avrei preferito prendere sei dollari, buttarli nel cesso e tirare lo sciacquone piuttosto che andare a guardare quegli scempi. Ormai i film sono tutti uno uguale all’altro. Registi come un tempo non ne esistono più» disse per poi ridere alzando la testa guardando in alto, il che non cambiava lo scenario, era tutto uguale, niente di apparentemente diverso. Cercò di mantenere un’aria apparentemente calma, respirando regolarmente per non far capire alla ragazza alle sue spalle il suo turbamento. Ripensò a quando da piccolo lui e sua sorella erano andati al parco divertimenti, nella casa degli specchi, tutto era proprio come in quel posto dove si trovava: ovunque guardasse vedeva solo il suo riflesso, in alto, in basso, in tutti i posti, e non era capace di trovare una via di fuga; la sensazione di abbandono fu immensa, pensò che forse era entrato dentro uno specchio e che non era più in grado di uscirne; ma poi arrivò Cindy che lo condusse fuori come se fosse una supereroina, sempre lei che si prendeva cura di lui ad ogni occasione. Mentre camminava e osservava in alto si sentì sempre più smarrito, e sempre più lontano dal suo obiettivo, e sapeva benissimo che non sarebbe venuto nessuno a portarlo fuori di lì. Per la prima volta da quando era entrato in quella città, Logan era convinto che stesse per fallire.
«So cosa stai pensando, te l’avevo detto» sentenziò la ragazza dietro di lui «Non puoi fare nulla Logan … »
«E ricordi quando ti feci quella dichiarazione?»
« … non si può scappare da qui.»
«Ti ho dato quell’anello mentre eravamo a fare immersioni.»
« … nessuno può.»
«E ho fatto finta di trovarlo sotto uno scoglio.»
« … neanche tu.»
«TI PREGO SMETTILA!» urlò improvvisamente facendo rimbombare il suono della propria voce in tutte le direzioni «IO RIUSCIRÓ AD USCIRE DA QUESTO POSTO! USCIREMO INSIEME IO E TU, ANDRÓ A PRENDERE QUEL RAGAZZINO E TUTTO QUESTO SEMBRERÁ SOLO UN BRUTTO SOGNO! MA HO BISOGNO DEL TUO APPOGGIO, SE CONTINUI A DIRMI CHE NON C’È UNA VIA DI FUGA ALLORA MORIREMO ENTRAMBI QUI DENTRO!»
Il silenzio calò tra i due, solo dopo un paio di minuti Logan ricominciò a parlare.
«Senti mi dispiace, non dovevo urlarti contro. Non so cosa mi sia preso e … »
Si bloccò quando vide Megan alzare la mano e scuotere la testa lentamente, facendogli capire di non doversi scusare.
«Non devi scusarti, anche per me era così all’inizio, credevo di poter fare qualcosa, ma non ce l’ho fatta, io davvero, spero che tu possa farcela, ma per me è impossibile.»
«Cosa stai dicendo Meg? Ce ne andremo insieme da qui.»
«No Logan, io resto qui, se mai troverai una via di uscita io non la varcherò con te. Tu hai un buon motivo per continuare, ma per me … » fece una pausa cercando di trovare le parole giuste « … per me non c’è nulla lì fuori. Se mai dovessi uscirne, sarei come un neonato uscito dal grembo di una madre inesistente, in balia di nessuno.»
Logan afferrò la sua mano incrociando le dita con le sue.
«Hai me» le disse guardandola in viso «Starò io con te.»
«Lo so, staresti con me sempre, ma … lui si è portato via tutto quello che c’era di bello nella mia vita, tutti i miei sentimenti, tutti coloro che amavo, compreso te.»
Il ragazzo sgranò gli occhi; di cosa stava parlando? A chi si stava riferendo con ‘lui’? Cosa le era successo in quei mesi in cui non si erano più visti?
«Meg, io sono andato via perché i nostri caratteri erano diventati opposti, non riuscivo più ad amarti, e non volevo illuderti restando ancora con te.»
La donna lo guardò con un’aria stupita, curiosa e con un pizzico di odio che scomparve, però, subito dopo un secondo, ma Logan lo notò immediatamente e staccò la sua mano da quella di Megan.
«Non ricordi?»
«Cosa dovrei ricordare? I sentimenti che provavo verso di te? Te l’ho detto … » si bloccò per deglutire inumidendosi la gola arida « … Non eravamo più fatti l’una per l’altra Meg.»
Aveva paura, c’era qualcosa che non ricordava nella sua vita, qualcosa che era stato rimosso, o che aveva voluto rimuovere. E aveva imparato che una cosa del genere, se non succede quando si è sbronzi, succede quando l’evento in questione si tratta di qualcosa così traumatizzante da volertene liberare la mente.
«Che cosa dovrei ricordare?» chiese nuovamente smarrito, come se la sua voce non gli appartenesse più.
«Lascia perdere Logan» rispose la ragazza passandogli accanto, riprendendo a camminare.
Non poteva crederci, un vuoto, uno squarcio che aveva creato lui stesso con molta probabilità e che adesso si stava per risaldare, e l’unica persona in grado di poterlo fare evitava di aiutarlo. Afferrò la donna per la mano, girandola verso di sé e notando come due lacrime solitarie sgorgavano da entrambi gli occhi, facendo sbavare il mascara bluastro.
«Megan» le disse, poggiando entrambe le mani sul suo viso e il cuore che gli pulsava in maniera irrefrenabile «Che cosa è successo? Cos’è che ho dimenticato?»
La ragazza sospirò guardando in alto, l’ambiente luminoso e la lucidità dei suoi occhi, rendevano quel verde smeraldo inquietante ma nello stesso tempo irresistibile.
«L’avevi tu in custodia» disse non guardandolo in viso «È successo tutto velocemente e …»
«Oddio» sussurrò il ragazzo togliendole le mani dal viso, e inspiegabilmente ebbe un nodo in gola «O mio Dio … »
Il tubo di ferro gli scivolò dalle mani, finendo nel pavimento uniformemente bianco causando un rimbombo assordante. Gli occhi erano spalancati e non osava sbattere le palpebre, cominciò a indietreggiare reggendosi la fronte con la mano destra.
«Oddio» continuò a sussurrare «Oh mio Dio! Oh mio Dio! Oddio!»
Le gambe gli cedettero e cadde in ginocchio a testa bassa, mentre il nodo alla gola si sciolse e le lacrime cominciarono a sgorgare silenziose. Megan gli andò incontro inginocchiandosi anche lei e poggiando la testa del ragazzo sul suo petto.
«Come ho potuto dimenticare? Come ho potuto dimenticare? Come ho potuto dimenticare? Oh mio Dio!» continuava a sussurrare mentre il sapore salato delle lacrime gli arrivava alla bocca «Come ho potuto dimenticare? Come? Come? Oddio!»
Le labbra gli tremavano. Tutto nella sua mente aveva ritrovato la propria logica, Megan era in quel posto perché non era riuscita ad uscire da quel dolore che la tormentava, non aveva trovato una via d’uscita perché per lei non vi era alcuna uscita da quella pena, l’avrebbe portata con sé fino alla fine dei suoi giorni. Lui dal canto suo, non riuscendo a ricordare, avrebbe cercato un’uscita da quel dolore a lui inesistente. Dolore manifestato materialmente come un immenso e infinito nulla bianco.
Scoppiò a piangere a singhiozzi, stringendo a sé la ragazza.
«Come ho potuto dimenticare, Megan? Come ho fatto a dimenticarmi di lui? È colpa mia! È stata colpa mia!»
«No Logan, non è colpa tua, non avresti potuto fare nulla per evitarlo. Non è colpa tua.» lo consolò la ragazza mentre Logan nel suo petto continuava a ripetere quel lamento straziante.
«Sono un mostro! Come ho potuto dimenticarmi di lui? Come avrei potuto dimenticarmi di Dylan? Sono un mostro!»
«No Logan, non lo sei!» continuò a confortarlo stringendolo sempre di più a sé «Tu sei una brava persona, un’ottima persona. Lo so con certezza, è per questo che ho deciso di sposarti … » si bloccò per deglutire, il nodo alla gola della ragazza stava anch’esso per sciogliersi « … ed è anche per questo … È per questo motivo se ho deciso di creare una famiglia insieme a te.»
Il pianto di Logan si fece sempre più vivo, sempre più straziante alle orecchie della ragazza che non l’aveva mai visto in quello stato, neanche quando era successo tutto quello che l’aveva portata a vivere in quel modo.
«Dylan! Dylan!» sussurrò tra le lacrime «Come ho fatto a dimenticarmene? Megan! Come ho potuto dimenticarmi di lui? Di nostro figlio?»
«È stato lo shock Logan. Hai affrontato la cosa rimanendo nel più assoluto silenzio. Facendoti scivolare il tutto come se non fosse mai successo niente. Ne hai parlato soltanto con Steve, ma per il resto ti sei chiuso in un bozzolo di tristezza che non riusciva a farti vedere la realtà dei fatti e a farti dimenticare lentamente quello che era successo, facendoti dimenticare persino della sua esistenza» le spiegò la ragazza i cui occhi cominciarono a lacrimare silenziosamente.
«È morto per colpa mia. È stata colpa mia! Dovevo badare io a lui, e non mi sono reso conto che in un attimo di distrazione ha attraversato la strada da solo. Oddio! Oddio!»
Le lacrime continuavano a sgorgare dai suoi occhi, come se non aspettassero altro che uscire fuori.
«Non è stata colpa tua Logan. L’autista era ubriaco, e se avessi provato a salvarlo saresti morto anche tu.»
«L’avrei meritato, per averlo perso d’occhio!»
«Non devi neanche pensare ad una cosa simile Logan. Se sei qui adesso, a sfogarti finalmente dopo due anni, è perché questo luogo, questa città, ha obbiettivi più grandi per te. Hai detto tu stesso di avere dei compiti da portare a termine sbaglio?»
«Come ho potuto dimenticare? Come ho fatto a dimenticarmi di lui?» riusciva solamente a dire il ragazzo, piangendo a testa bassa.
Nel bianco interminabile, improvvisamente Megan vide un rettangolo nero, l’unica uscita esistente da quel luogo. Sorrise mentre le lacrime le solcavano il viso.
«È ora di andare Logan.»
«Sono un mostro! Sono un mostro!»
«Ehi, guardami» gli disse poggiando le mani sul volto pungente di del ragazzo, costringendolo ad osservarla negli occhi «Credevo che tutto questo sarebbe durato per sempre anche per te, ero convinta che il dolore ti avrebbe oppresso fino alla morte. Ma ora, guardando quell’uscita ho capito che mi sbagliavo. Non sei destinato a restare qui dentro. Il dolore ti accompagnerà per sempre, ma lentamente non avrai più il peso che hai addosso in questo momento. Devi andare avanti, Logan. Libera quel ragazzino di cui mi hai parlato e vai a cercare tua sorella» gli disse senza fare neanche una pausa.
Lo guardò negli occhi, quegli occhi di ghiaccio che l’avevano attratta sin da subito. Avvicinò le sue labbra a quelle del ragazzo e lo baciò con passione e tristezza, e in quel bacio, Logan capì che sarebbe stato l’ultimo. Megan sarebbe rimasta lì dentro, non l’avrebbe seguito. Il dolore per lei era troppo, non aveva dimenticato nulla a differenza sua. Passò una mano tra i suoi capelli e continuò a baciarla con tutto il sentimento che poteva provare per quella donna, mentre le ultime lacrime sgorgavano dai suoi occhi. Voleva trasmetterle una parte di lui, un frammento della sua determinazione, in modo che, un giorno, anche lei avrebbe trovato un’uscita disponibile da quel purgatorio.
Quando le labbra di distaccarono la ragazza lo abbracciò stresso a sé, sentendosi stringere a sua volta nel petto del ragazzo. Chiuse gli occhi, lasciando che altre gocce di pianto fuoriuscissero da essi, sorridendo.
«Ti amo Logan! Ti amerò per sempre.»
Ma Logan non rispose, avrebbe voluto dire “Ti amerò per sempre anche io Megan” ma le corde vocali gli impedirono che quei suoni uscissero fuori dalla sua bocca. Le diede un bacio schioccante sulla guancia e si rialzò in piedi afferrando il tubo di ferro, voltandosi verso il rettangolo nero. Sentì una mano sulla spalla, e la strinse alla sua ma senza girarsi verso di lei.
«Vai campione!» sentì, e senza un briciolo di esitazione lasciò la presa della mano e si diresse a passo spedito verso l’uscita di quel luogo. Non si sarebbe voltato, se l’avesse fatto non avrebbe più attraversato quel varco.
Quando i suoi piedi toccarono il pavimento nero e i suoi occhi videro soltanto l’oscurità, si girò ma non vide nulla. Il varco si era chiuso alle sue spalle. Delle lacrime uscirono dai suoi occhi ancora una volta.
«Ti amo Megan» sussurrò abbassando lo sguardo.
Improvvisamente lo stesso medesimo dolore alla testa che aveva provato quando era entrato nella camera ventuno lo colpì con uguale intensità e violenza.
Gli sfuggì un urlo, e come per le volte precedenti cercò di reggersi la testa con entrambe le mani.
«CIELO!» urlò di dolore «BASTA!»
Ma il tutto continuò, facendo credere a Logan che di lì a poco il cervello gli sarebbe esploso. Come per le volte precedenti dei flash bianchi illuminarono la sua vista nonostante gli occhi fossero chiusi.
«CRISTO! BASTA!» gridò, ma il dolore continuò violento fino a quando non si sentì mancare. Cadde a terra, battendo la testa, ma prima di perdere completamente i sensi gli parve di udire la voce ovattata e confusa di un bambino.
“Dylan” pensò.
«Papà?» riuscì a distinguere solo quella parola prima che i sensi lo abbandonarono del tutto.
Edited by °Xander° - 14/11/2009, 03:13